venerdì 26 febbraio 2016

La mia Africa

Una settimana a gelarmi al paese dai miei genitori dove spendo il Natale, e a Santo Stefano sono già in Accra.
Il viaggio è breve paragonato a quello estenuante dall'Australia all'Italia e in poche ore passo dai 4 gradi di Roma ai 16 di Barcellona ai 32 di Accra con un tasso di umidità folle.
Sono una delle poche persone bianche sull'aereo, è la prima volta che mi capita, sono decisamente al centro dell'attenzione.

Non ci riesco ancora a credere che sto per fare il viaggio dei miei sogni!!!

Appena fuori dall'aereo una ventata di aria calda e umida mi prende alla gola, ma la musica e lo spirito che si respirano già in aeroporto mi danno il benvenuto.
Ecco, ora mi sento in ballo, ora mi sento in Africa!!

Fuori dall'aeroporto il caos, gente ovunque con carrelli sovraccarichi di valige, taxisti che spintonano per accaparrarsi la clientela, guide turistiche con cartelli con scritto i nomi degli ospiti, non vedo il mio.
Poco male. Ero preparata anche a questo, alla non puntualità e affidabilità di certi Africani. Me la prendo con calma e vado a cambiare i soldi. Tanto ho la mappa del posto dove dormo e posso arrivarci da sola.
Poi in mezzo alla folla lo vedo, era li da due ore ad aspettarmi, e io che avevo dubitato.
Moses è l'ebanista che costruisce le percussioni per i ragazzi del tour, djembè, doun doun e gpanlogo e aiuta l'organizzatore del tour. Eccolo sul suo scooter con Simon, l'organizzatore del tour.



Mi prende un taxi, mi porta a comprare una sim card locale, mi porta all'albergo e poi a mangiare fuori. Ovviamente pago tutto io. Questi sono gli usi locali.
L'albergo è nel quartiere del Makola Market, Kantamanto; al primo impatto penso sia uno dei quartieri più poveri ma, dopo aver visto James Town, Usher Town e il retro del mercato di artigianato artistico cambio idea.
Kantamanto è il quartiere delle botteghe e del commercio, ma questo lo scopro solo il lunedì quando tutti i negozi sono aperti. La domenica è abbastanza deserto e ci sono pile di immondizia ovunque per la strada, senza contare la miriade di gente a dormire per terra. La maggior parte proviene dalle regioni del nord del Gana dove non c'è lavoro se non nei campi per pochi mesi l'anno. Per il resto dell'anno vengono in città e cercano di tirare su qualche soldo vendendo qualsiasi cosa in bancarelle fatiscenti ai lati della strada. Ovviamente non avendo un posto dove dormire e nemmeno i soldi per potersi permettere di pagare una stanza, dormono per strada dietro alle loro bancarelle.

Veduta dal mio balcone di domenica


Veduta dal mio balcone in giorno di mercato


Mercato in piena attività...praticamente un suicidio inoltrarsi per i vicoli, ma è uno dei riti di iniziazione della vera Africa.










Il livello di povertà è scioccante, ma non intacca la loro allegria e il loro calore.
Sono l'unica bianca nei dintorni, tutti mi fermano, i bambini mi toccano e si fanno fare foto, i ragazzi mi danno il benvenuto e si fermano a scambiare due parole. Tutti mi chiamano "blofonio", che significa bianco, ma non è offensivo, anzi. Tutto il contrario di come noi appelliamo le persone di colore.
Ora capisco perchè tutti dicono che l'Africa ti entra nel cuore.
C'è musica ovunque per strada, poi essendo un giorno festivo le casse sparano a tutto volume per tutta la notte. Molte case non hanno il bagno ma hanno le casse con la musica a tutto volume!!!


Ho la fortuna di arrivare un paio di giorni prima degli altri e di avere come guida personale Moses che ha il motorino.
Avere il motorino significa poter andare ovunque senza rimanere imbottigliato nel traffico.
Il traffico è davvero una cosa infernale, sembrano non esserci regole se non quella di suonare il clacson per dire alla gente di spostarsi. Tutti camminano in mezzo alla strada, da pedoni a gente col carretto spinto a mano, a motorini a camion, tutti ammassati nelle strette strade della città.
Mi porta in giro ovunque con il suo scooter e mi spiega tutto quello che vedo.
Andiamo al mercatino dell'artigianato dove ha la sua bottega che mi mostra con orgoglio, stracolma di percussioni





 e mi presenta a tutti i vicini di bottega, un altro ebanista, un venditore di borse di stoffa, il gestore rasta di un bar con solo due sedie, un calzolaio.


Non mancano i venditori di cocco che te lo aprono al momento e stanno ad aspettare che bevi tutta l'acqua per poi aprirtelo e mangiarti la polpa. Praticamente devi berti un litro di acqua tutto in una botta..non sono abituata e non riesco a finirlo subito, che vergogna, poverino lo faccio aspettare un eternità!





eccomi nel paradiso delle stoffe!!!



Questo è il rastone che mi sta facendo il braccialetto del Gana con le perline.


E l'altro rastone che mi sta facendo le scarpe personalizzate con la stoffa tradizionale.





Questa è la parte povera del mercato dei turisti, quella più vicina alla spiaggia, dove rimango di stucco quando vedo che è ridotta ad una discarica. Ci sono ragazzi a giocare a calcio sulla battigia, ci sono ragazzi a giocare a calcio ovunque, è lo sport nazionale e tutti ne vanno matti.
Il cielo è una cappa di smog e sabbia del deserto che viene portata qui dal vento per un paio di mesi all'anno.



E' decisamente triste e poco attraente la spiaggia. Non sono qui per questo ma per la loro cultura.
Andiamo nel centro delle arti e della cultura dove i ballerini e gli acrobati fanno le prove. Essendo un giorno di festa non c'è nessuno, solo qualche rastafari a fumare ganja ed ascoltare reggae. Mi accolgono con calore e ci facciamo quatro chiacchere.







Il pomeriggio contatto il mio maestro di danza a Sydney che al momento si trova in Accra da sua madre e lo vado a trovare a Jamestown.
Eccolo il mio mito Lucky!!



Lungo la via passo attraverso il quartiere musulmano, si sente musica ovunque, tutti mi chiamano e mi fermano per la strada.
Poi le case diventano via via più povere fino ad essere baracche.
Arrivo alla casa natia del mio maestro. Tre stanze, no bagno.
Ci sono bambini per strada ovunque, chi gioca, chi si fa la doccia con una bacinella, chi cucina, chi fa break dance e acrobazie varie, sembra stessero aspettando un turista per sfoggiare il loro repertorio!




Vengo presentata a tutti, vicini, cugini, mamma e sorelle.
Mi portano al faro e al villaggio dei pescatori.
Ecco la veduta dal faro del quartiere di Jamestown completamente coperto dalla foschia, un po' sabbia un po' inquinamento.





Qui il livello di sporcizia è allucinante ma i bambini giocano lo stesso col sorriso e si rotolano per terra.
Le barche sono lunghe e strette, la maggior parte senza motore, ci sono anche delle vecchie barche scavate da un unico tronco.







Al ritorno dalla spiaggia la mamma del mio maestro mi invita a restare che sta preparando il fufu.
E' letteralmente il nome del grande mortaio che si usa per pestare della farina di mais con l'acqua, fino a che diventa una massa gelatinosa e appiccicosa servita da accompagnamento di un piatto ricco di pesce o carne con verdure. Tutto super piccante e ovviamente da mangiare con le mani.




Nonostante ciò non mi prendo la diarrea, quella arriverà due giorni dopo con un piatto di fagioli e platano del ristorante.


La sera c'è atmosfera di festa a Kantamanto, musica per strada e un concerto dal vivo di un artista emergente. Sto fuori a ballare tutta la notte, non è decisamente un posto turistico, sono l'unica bianca ma mi sento al sicuro. Faccio anche l'esperienza della latrina pubblica per strada, una cabina di sole 3 pareti aperta sulla fogna a cielo aperto.
Qui tutti la fanno per strada, anche le donne e di fianco alla strada scorrono questi fiumiciattoli di rifiuti umani e sporcizia a volte protetti da una grata a volte aperti, devi davvero stare attento a dove metti i piedi qui e a camminare con gli occhi per terra.
Un sacco di case non hanno il bagno per cui ad ogni angolo si trovano queste cabine di legno aperte dove fare i bisogni.
L'odore non si può neanche descrivere.

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Il lunedì arrivano tutti i partecipanti al tour, vado anche io a prenderli all'aeroporto dove ci caricano tutti su un camioncino tipo Bud Spencer in Banana Joe. Il gruppo di musicisti che ci farà lezione inizia a suonare sul camion. Siamo al centro dell'attenzione, tutti per strada che si voltano e iniziano a cantare e ballare.







Le prime due giornate di lezione sono al centro culturale e ristorante Abajo, una piccola oasi verde vicino al mercato dell'artigianato.
Il livello di training è alto.
Ecco Moses che porta gli strumenti per tutti su una cariola!








I percussionisti vengono divisi in due classi di livello, ma io essendo l'unica ballerina, ho praticamente lezioni private..iniziamo subito hard core!
Meno male che almeno ballo su un pavimento liscio e non mi spacco i piedi.


Il secondo giorno ho quasi un collasso per la fatica, il clima caldo e umido a cui non mi sono ancora abituata, la diarrea che non mi ha fatto dormire tutta la notte e la sveglia alle 4 del predicatore con il megafono.
Eccomi collassata sull'amaca..


Segue una cena tipica con banku e stufato di pesce con zuppa okro. Peccato che ne riesca a mangiare solo un po'.
Il banku è un altro dei piatti tipici del Gana. Si prepara mischiando farina di mais fermentata e di tapioca, in acqua calda fino ad ottenere una consistenza liscia e il tipico colore biancastro.




Il ristorante è molto bello dentro, ci sono i famosi Ashanti stool, dei banchetti di legno intagliati della tradizione del gruppo etnico più numeroso in Gana.


La sera veniamo intrattenuti da un gruppo folkloristico locale che ci mostra danze e musiche tradizionali. Sono tutti talentuosi e non ho mai visto prima quelle danze nè sentito prima quei ritmi.


Ultimo giorno in Accra, almeno per ora, prima di partire per il Burkina Faso. Approfittiamo di una mezza giornata libera per andare in giro.



                                           

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Non passano nemmeno tre giorni che siamo sul volo per Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso.
Altro clima, altra cultura, altri paesaggi.
L'aeroporto è silenzioso e austero, ci sono tremila controlli, anche igienico sanitari. Qui se non hai il patentino dei vaccini con quello della febbre gialla non puoi nemmeno varcare la soglia. I militari al controllo del passaporto non fanno battute nè scherzano con noi, e ci prendono pure le impronte digitali.
La serata è fresca e ventilata, il cielo sereno, si vedono le stelle. Questo clima mi piace.
Il pulmino ci porta alle due casette in affitto dove staremo per 15 giorni.
Non c'è traffico per strada, un sacco di motorini ma viaggiano composti, in fila, nessuno suona il clacson.
Anche i venditori per strada sono ordinati e direi quasi puliti rispetto ad Accra.



Anche se questo è il secondo paese più povero al mondo, la gente sembra avere una grande dignità e etica.
Forse è la religione musulmana che li rende così seriosi e riservati, ma non vige la legge della Sharia e le donne sono libere di guidare i motorini, di lavorare, di camminare per strada da sole nei loro vestiti coloratissimi.
Anche i bambini che si avvicinano incuriositi sono più timidi di quelli del Ghana. Ti stringono la mano solo se gliela porgi tu e solo dopo un po' ti sorridono. Sembrano essere degli adulti in miniatura nella loro serietà.







Nonostante l'onestà di questo popolo e la totale affidabilità, quelli del tour ci tengono in un ambiente protetto.
Abbiamo le guardie di sicurezza 24 ore su 24 a casa, ci portano in giro con due pulmini sempre accompagnati da gente locale e non siamo mai soli.
Si sente l'atmosfera dell'instabilità politica e dei recenti tafferugli che ci sono stati nella capitale.
Ci sono immagini del presidente ovunque per le strade, ma apparentemente la gente è contenta e si respira una certa calma.
Il clima è secco e ventilato, si sente che siamo più distanti dall'equatore, e la notte fa anche freschetto.
Mi va decisamente bene per ballare, quasi non sudo, ma devo continuamente bere acqua, anche 2 litri in un'ora di danza.
La bocca si secca e le labbra si screpolano, la gola e il naso sono pieni di polvere rossa, continuo a soffiarmi il naso e a eliminare polvere rossa. Per fortuna e casualità ho comprato una mattonella di Shea Butter in Accra che mi tornerà utile nelle torride giornate di allenamento.
Alla fine di una sessione di danza sono completamente del colore delle strade di Ouaga!
L'insegnante è una ventenne e arriva da un villaggio, a 5 ore dalla capitale. Old school, mi spacca.
Forse non ha mai insegnato ad un occidentale o forse è solo il suo metodo tradizionale.
Fatto sta che va dritta alla routine e il carico di materiale che ti mostra e che devi ripetere è allucinante.


Poi ci sono diverse barriere linguistiche che rendono il tutto più complicato. Questo è un paese francofono, per fortuna direi, perchè la cucina qui è superiore a quella del Gana. Baguette fresche ogni giorno, colazione con marmellata, frutta e omelette e piatti cucinati davvero bene, non intrisi nell'olio, super fritti o piccanti del Gana. Poi non si mangia riso tutti i giorni, ma cous cous, pasta e insalata, la tanto desiderata insalata lavata con acqua di bottiglia. Il mio stomaco si riposa e il mio intestino riprende la sua normale attività. Peccato che siano altri 3 a prendersi la diarrea adesso, il tipico benvenuto in Africa!
Il tragitto da casa al centro delle arti dove ci alleniamo è tutto in pulmino ed è davvero piacevole, non come l'incubo di attraversare il Makola market di Accra ogni giorno.
Le strade sono quasi tutte sterrate in questo quartiere, solo la principale è asfaltata, sembra di stare in un villaggio e non nella capitale.






Le case sono tutte povere, la nostra è una reggia al confronto, anche se spesso manca l'acqua o non c'è pressione sufficiente e molte persone dormono su un materasso per terra che non ci sono abbastanza letti. Io sono una delle "fortunate" che dorme per terra, nella cella senza finestre.
Tempo due giorni e mi sposto a dormire in sala dove almeno c'è un pò di ventilazione.


Il centro delle arti è un grande cortile recintato, con qualche albero e una struttura che al primo impatto sembra abbandonata. Quello è il posto dove farò il mio training di danza mentre i percussionisti, divisi in tre livelli di esperienza, staranno fuori sotto gli alberi.




Il primo giorno con la ballerina è abbastanza impegnativo, soprattutto per la comunicazione. Lei chiede qual'è il mio livello di esperienza e che danze conosco. Sembra diffidente e stanca, non sorride mai. Imparo una routine corta e non troppo difficile.
Il secondo giorno si ripete la routine e si fa un'ora di classe per principianti con qualcuno dei percussionisti che vuole provare. Direi che le danze del Burkina non sono affatto per principianti e la maggior parte abbandona.


Ogni sera c'è un concerto, anche se è un paese povero la musica e le scuse per stare insieme non mancano mai.
Per divertirsi non c'è bisogno di soldi. Questa è una cosa che noi occidentali abbiamo dimenticato.
Ci vuole qualche giorno prima che i bambini prendano confidenza con noi e inizino a sorridere. Sono comunque composti ed educati per essere così piccoli e non invadenti e chiassosi come in Ghana.

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Nemmeno una settimana in Africa e ho già avuto la diarrea due volte e il vomito con febbre alta, il mio benvenuto ai tropici! Mi tocca stare a letto a sudare sotto la zanzariera nella mia cella senza finestre. Due interi giorni di training persi per il virus intestinale, per lo meno uno l'ho speso a farmi fare le treccine dalla mia insegnante che è una parrucchiera.
Dopo di me altre persone intraprendono la lunga impresa di farsi fare le treccine, persino alla barba!!
E' l'unico modo per tenere in ordine e puliti i capelli, con tutta quella polvere e secchezza, dopo pochi giorni sembrano una scopetta di paglia!!
Ecco il video della mia acconciatura

https://vimeo.com/153330206








Non poteva mancare un intera giornata dedicata allo shopping. Come in tutti i viaggi degni di questo nome, non si può fare a meno di fare un salto nel mercato locale. Il primo che visitiamo è il villaggio degli artigiani di Ouagadougou.





 Il comune da in affitto per 5 anni uno stallo ad un artigiano in questa struttura e la possibilità di vendere in un ambiente sicuro e farsi conoscere dalla gente in questo modo. Sono 4 strutture a L intorno ad una centrale. Quella centrale ospita un negozio che vende un po' di tutto, le altre sono divise per categorie. C'è il palazzo dei sarti e calzolai, dei pittori di batik, dei lavoratori di cuoio, di legno e dei metalli. La cosa più bella è che hanno il loro laboratorio li, spesso aperto e visibile ed è un vero piacere starli a guardare. E' sorprendente vedere come con strumenti così poveri e semplici come macchine da cucire a pedale dell'epoca di mia nonna, creino dei capolavori. Ci sono i tuareg del Niger che lavorano la pelle, gli artigiani dei gioielli che hanno perline di vetro di murano d'epoca, usate come merce di scambio durante la colonizzazione degli europei.
Il pittore di batik mi invita ad entrare e vedere come passa la cera sulle tele prima di dipingerle. Quanto vorrei che mi desse qualche lezione su come dipingere così. Peccato per le barriere culturali, la prossima volta studio un po' di Francese prima di andare in un paese così.
C'è una certa calma e ci sono pochissimi turisti, ma i pezzi esposti sono davvero di ottima qualità.
Il secondo mercato è un gruppo di poche bancarelle lungo il corso di un fiume ormai secco da tempo e che si è trasformato in una discarica. Qui l'atmosfera è decisamente diversa, appena mettiamo piede fuori dal pulmino ci assalgono per poterci vendere qualsiasi cosa. Mi fermo per comprare un paio di orecchini e ne esco con 4. Poi il tipo delle stoffe mi tiene in trattativa per più di venti minuti dopo di che perdo la pazienza e lo mollo senza comprare niente. Sono davvero aggressivi e insistenti e ottengono esattamente il contrario, di allontanare i turisti.
Questo e' un artigiano tuareg specializzato in gioielli in bronzo e argento, davvero bravo.




Ecco il batik e le numerose stoffe che compro fuori dal mercato da una signora che ha una pila enorme lungo la strada.






Lo shopping che mi va più a genio è senza dubbio quello a domicilio. Uno dei nostri accompagnatori è anche un artigiano e ha un suo negozio e ogni sera ci porta a casa un po' di roba, per lo più gioielli, burro di karite' e burrocacao naturale e faccio compere senza pressione. Gli compro talmente tante cose che mi regala orecchini e collane. Finisco con un casino di gioielli in valigia e non sono ancora andata a fare compere al mercato degli artigiani di Accra.



Dopo un paio di settimane di convivenza con la gente del tour si sono apertamente delineate le personalità.
Sembra di stare al Grande Fratello a vivere in queste due casette adiacenti, in uno dei sobborghi di periferia della capitale Ouagadougou.
Nel tour ci sono: 3 musicisti professionisti che tengono anche corsi di percussione in Sydney e Melbourne. Un eccentrico tatuatissimo ricercatore del CSIRO che si fa fare treccine a barba e capelli insieme a me. Un signore dedito alla poliamoria. Un paio di coppie dove le ragazze tentano di emulare i compagni alle percussioni ma con scarsi risultati. Un nutrito gruppo di signore sui 50 percussioniste da più di 10 anni e assidue frequentatrici dei paesi dell'Africa occidentale. Padre e figlio. Un DJ sulla 50ina. Una viaggiatrice dell'Africa in solitaria, che ci ha raggiunto dopo essere già stata in Mali e Guinea




e una viaggiatrice dell'Outback australiano che, dopo essersi inoltrata nel aspro entroterra Australiano per avventura, ci è rimasta ed ora lavora in una scuola dove il 90% di bambini sono aborigeni.
Già dopo i primi giorni di studi intensivi si creano i primi screzi dovuti alla stanchezza, al clima difficile e alla convivenza forzata, ma in generale è un bel gruppo assortito e non mancano le risate, soprattutto con i fratelli Burkinabe.
Ci sono anche le prime storie d'amore con i locali, come si fa a resistere al loro fascino esotico!
La coppia più stramba è una coetanea di Sydney, completamente fuori di testa, che si mette a fare canti meditativi in aeroporto mentre si aspetta il volo, e uno dei maestri di percussioni che non parla Inglese e ha un livello di educazione da scuole elementari. Ci chiediamo tutti come facciano a comunicare visto che lei non parla Francese. I misteri della passione.
L'altra coppia per lo meno comunica, lei 40enne percussionista di Doun Doun e lui più giovane e basso di lei maestro balafonista, un vero fenomeno.
I maestri sono tutti Griot appartenenti alla stessa famiglia, fratelli e cugini. Gli strumenti che suonano: balafon, ngoni, djembè, calabash e flauto.


Due settimane volano via in un attimo, tra polvere rossa, lezioni di danza e percussioni, shopping frenetico, bambini curiosi e cerimonie.










La più interessante è sicuramente il matrimonio della figlia di uno dei chief. Famiglia benestante qui significa matrimonio ricco, e noi ci riusciamo ad infilare in pieno.
Ovviamente 15 facce bianche non rimangono inosservate e ci vengono date le sedie in prima fila davanti alle danze e ovviamente ci tirano dentro a ballare e ad intrattenere gli invitati, io in prima linea a ballare davanti agli sposi.
Il momento top della cerimonia è stato il selfie di una delle mie amiche col chief senza sapere che fosse lui, l'uomo dal nome sconosciuto che si fa chiamare solo chief.






Eccoci con il grande capo!!




Arriva in fretta anche il giorno della nostra performance di fine corso.
Siamo ad un locale rinomato per gli spettacoli dal vivo, ma essendo un lunedi non abbiamo molto pubblico. La serata è comunque grandiosa e piena di energia.



Sul volo per Accra penso a cosa mi ha lasciato il piccolo angolo di Ouagadougo che ho vissuto.
Sono stati giorni intensi, faticosi fisicamente e psicologicamente. E' davvero difficile vivere in un posto così, tra clima ostile, povertà, mancanza di servizi igienici e di acqua corrente e spesso anche elettricità. La musica, la vitalità della gente, la loro dignità nonostante le precarie condizioni di vita, la gioia nell'incontrarci e nel fare le foto insieme scambiando due parole in stentato Francese, la commozione alla nostra partenza, il sapere di avere dentro una parte di tutto ciò e di aver lasciato li una piccola nostra traccia, un ricordo.
Uno dei momenti più belli è stato scattare foto con la polaroid e poi dare l'istantanea come regalo alla gente; il regalo più bello che loro potessero farci, è stato l'insieme delle loro emozioni nel ricevere la foto.
Decisamente un'esperienza unica e intensa.
Ecco le foto degli addii, Fatima, la meravigliosa cuoca che mi ha curato con medicine tradizionali quando avevo il vomito



e Ila, il tuttofare organizzatore, artigiano che poi incontrero' di nuovo ad Accra l'ultimo giorno.


                                                           
                                                                     ****

All'aeroporto di Accra mi prende uno strano senso di familiarità, sono contenta di essere tornata qui nella calda e appiccicosa capitale del Gana.
Siamo di nuovo per una notte nello stesso pidocchioso hotel in Kantamanto il quartiere commerciale, ma io lascio il gruppo e mi butto nella vera vita locale.
Ho la fortuna di passare la serata di nuovo col mio accompagnatore Moses, in giro in motorino per le strade scalcinate del quartiere Osu in cerca di una serata reggae e di provare un'autentica esperienza Africana: dormire in una tipica casa monolocale senza bagno ne' acqua corrente, fare la pipì in strada sopra alla fogna aperta e farmi la doccia con la bacinella in uno dei bagni collettivi del quartiere dove Moses vive. Fare la profilassi anti colera è stata una buona idea.
Poi svegliarsi alle 6 con la musica del camion dell'immondizia che svuota i cestini a domicilio avvisando la gente con una canzone degna dei furgoncini del gelato Americani, uscire in asciugamano e fare la fila alla doccia collettiva a cielo aperto. Questa è la vera Accra.
Passiamo mezza giornata di nuovo tra le bancarelle, una sorta di rito masochistico a cui ormai non riusciamo farne a meno per poi imbarcarci in quello che doveva essere un viaggio di un paio di ore, per poi rivelarsi di 6 lunghe, calde, soffocanti ore. Il viaggio in pulman verso la regione del Volta.
Il pulman arriva con due ore di ritardo, ora Africana ovviamente, e' piu' piccolo di quello richiesto e dobbiamo caricare tutto sul tetto visto che non ci entriamo tutti, con le percussioni e i bagagli.
Solo l'assemblaggio del tutto richiedera' un altro paio di ore, con tanto di blocco del traffico locale e di liti con la gente che doveva passare di li..un vero spettacolo!!!



Eccoci con il nostro pulman scassato, super carico e con due autisti che non conoscono la strada.




e tutta la crew al completo, l'entusiasmo e' ancora alto visto che siamo solo all'inizio di quella odissea.



La cosa piu' bella di quando viaggi in Africa sono i venditori ambulanti. Non hai bisogno di fermarti ad un autogrill per uno snack, qui e' lo snack che viene da te. Vendono di tutto, dalle chips di banana e yam che adoro, alla frutta fresca, ai rotoli di carta igienica, ai libri, ai gelati trasportati in un box di polistirolo colmo di ghiaccio, tutto rigorosamente portato in testa.
La cosa allucinante e' che si ti fai vedere interessato ad un articolo, loro si mettono a correre e inseguono il nostro pulman fino a che non si ferma.
Tanto di cappello alle donne che corrono con kg di ananas sulla testa senza farli cadere.



Il nostro pulman fa la prima sosta forzata ad una sola ora dalla capitale. I due autisti discutono animatamente in Ga, poi fermano la corsa, scendono e spariscono. Rimaniamo allibiti e non capiamo cosa sta succedendo. Tornano dopo un po' con un meccanico e chiediamo spiegazioni. A quanto pare il cambio e' rotto. Fantastico! Il meccanico ci lavora un po',poi ci mette due bulloni improbabili, forse per far vedere che lo aveva riparato e ripartiamo il viaggio. L'autista non riesce ad andare oltre la terza, per cui viaggiamo a 60 km/h per tutto il resto del giorno. Al tramonto non siamo neppure arrivati al fiume Volta con la nostra carretta e ci tocca fermarci una seconda volta. L'impianto elettrico non funziona e viaggiamo con le quattro frecce invece che le luci. Per lo meno viaggiamo.
Terzo stop forzato quando l'autista non vede uno dei tanti dossi rallentatori, lo prende invelocita' e perdiamo uno dei bagagli sul tetto. Fortuna vuole che la botta presa fa ripartire l'impianto elettrico e abbiamo le luci!
Arriviamo a Dzita, a"meet me there" un lodge gestito da un giovane inglese in collaborazione con la sua ONG che costruisce compost toilet per i villaggi circostanti.
Il posto e' davvero bello, decisamente turistico ma almeno etico. Tutti gli impiegati sono locali, e' basato su materiali riciclati, rispettando il piu' possibile l'ambiente, gabinetti compost, riciclo dell'acqua ecc.








E' stato costruito in un piccolo angolo di paradiso, una laguna di acqua dolce riparata dal mare da un braccio di spiaggia.
L'acqua e' un brodo, ci possiamo fare il bagno tutto il giorno e non e' pericoloso come il mare dove ci sono onde e rip.








Al mare non c'e' nessuno infatti..




Inizia la nostra routine che ci portera' a concludere qui il nostro training.
I percussionisti vengono divisi in livelli ancora una volta e smistati in varie zone, alcuni devono prendere la barca ed andare dall'altro lato della laguna, altri rimangono nel lodge.








A me tocca lo stage, una capanna dal pavimento infernale di cemento che alle 9 di mattina e' gia bollente. Mi tocca fasciarmi i piedi come una ballerina di danza classica ma me li rovino comunque, soprattutto gli ultimi giorni che saranno davvero intensi.



Ecco il mio talentuoso maestro Ape e Adama dei Burkina Azza portato qui dalla tipa di Sydney convinta di farci una storia. Tempo due giorni e romperanno con grandi drammi alla napoletana.
Che ingenua, come poteva pensare di farla funzionare.
Buon per me che ho avuto l'onore di ballare accompagnata da un maestro djembefola.


 Mi sento in formissima, ora che ho superato l'adattamento al clima, le varie infezioni intestinali e l'infiammazione al quantricipite femorale che non mi ha fatto camminare per due giorni, sto come un leone e il maestro mi spinge.
Credo che questo sia il miglior training di danza mai fatto in vita mia. 15 giorni di lezioni private altissimo livello. I piedi sono pieni di vesciche, avro' perso qualche kg e sto imparando passi davvero difficili.
Imparo 4 danze, 2 ritmi li conoscevo gia', ma ovviamente imparo passi nuovi o reinterpretati dal maestro.
Le giornate si susseguono tra bagni nella laguna alle 6 di mattina, lezione di due ore, bagno di nuovo, pranzo, sonnellino, lezione pomeridiana, bagno fino al tramonto e cena.
I pasti sono buoni, ma non come quelli in Burkina. Abbiamo banku, pesce alla graticola, pollo fritto, insalate, riso, e una volta ci fanno pure la pizza..discutibile e troppo cipollosa, ma pur sempre pizza!
Sono quasi 4 settimane che non mangio pasta, sono sopravvissuta!!!



Adoro questa routine, potrei stare qui un mese intero, pero' mi manca il pubblico del Burkina, i bambini che venivano a vedere le lezioni e il calore della gente.
Qui siamo in un lodge lungo una strada di campagna che collega diversi villaggi di pescatori.
Non c'e' molta gente che passa di qui a piedi e si ferma.
Prendono tutti i taxi collettivi, unico mezzo di trasporto in una regione rurale dove quasi nessuno guida, nemmeno il motorino.
L'unico pubblico che ho ogni giorno sono due lucertoloni colorati che vengono ad arrostirsi al sole, sullo stesso cemento dove mi brucio i piedi.




La nostra routine viene interrotta da un tour in barca sul fiume Volta, dove arriviamo all'isola dei produttori di rum.




Il paesaggio e' davvero bello, isole di palme da cocco e di pescatori.




Le case sono di fango o muratura, non mancano le caprette e sono decisamente piu' in salute di quelle viste a Ouagadougou!


Faccio il mio primo incontro con la pianta di cacao e proviamo i semi freschi. Sono grossi come mandorle e ricoperti da una sottile polpa gelatinosa, un po' simile al lychee.



Altra giornata di interruzione della routine e' il rito vodoo che andiamo a vedere in uno dei villaggi vicini.
Ci caricano su un pick up e ci portano dalla famosa Mami rasta, un donnone con i dreadlock lunghi fino ai piedi.
La leggenda vuole che Mami rasta, ventenne, sia scomparsa per tre anni, per poi riapparire dal mare con i capelli lunghi, portatrice dello spirito del mare.
Ora condivide questo suo "dono" con la gente locale nei suoi rituali vodoo dove viene posseduta dallo spirito e ti legge il futuro.
Non so davvero cosa aspettarmi, ma sono super eccitata!


Solo qualche km e siamo in uno dei tanti villaggi di pescatori. Strade di sabbia, case di fango e gente un po' sulle sue.
Arriviamo al rito e la musica e' gia' iniziata. Il ritmo e' frenetico e ipnotico, va avanti per ore, anche non volendo ci entri in trance. Partecipano tutti, anche i bambini e molti sono talentuosi e instancabili percussionisti.



Le donne cantano e ballano in una sorta di processione. Si vede che e' un rituale, non ci sono virtuosismi nella danza,c'e' compostezza del movimento e ripetizione.
Poi esce lei, Mami, inizia a tremare posseduta, poi inizia la sua danza frenetica, mi mette un po' in soggezione, non so come prendere la "possessione". Poi prende due ragazzi del tour e se li porta in una stanza per un po'. Mi chiedo cosa stiano facendo e perche' ci mettono cosi tanto. Intanto la musica continua e altra gente entra in trance. Una donna inizia a urlare, un uomo sviene, altri si riposano esausti. In tutto passano 4 ore, siamo anche noi esausti e nonappena i nostri compagni escono dal colloquio privato con la guru, ce ne andiamo.





Non poteva mancare la giornata dedicata al mercato.
Qui e' molto diverso dalle due capitali del Burkina e del Gana. Il mercato e' per i locali non per i turisti. Non devi stare a contrattare sul prezzo e i prezzi sono davvero bassi.
Come al solito non resisto e mi compro altri gioielli. questi sono fatti di perline di vetro o di plastica fuse, mai viste prima.



non mancano i gioielli da vita, una sorta di collana da portare legata al bacino, che gli uomini qui trovano molto sexi e sembra essere una cosa legata alla sfera sessuale.
Una delle mie amiche invece di prendere due giri di perline per la vita, si prende l'intero rotolo e lo usa come collana. Bellissima!!



La sera dello spettacolo arriva troppo in fretta. Solo ora realizzo che il mio viaggio sta per finire e mi sorprendo ad essere estremamente emotiva.
Non c'e' niente da fare, quando si sta insieme a persone per un po' di tempo, si lavora e si costruisce qualcosa in collaborazione, si creano legami affettivi.
La performance e' stata una delle migliori mai fatte,soprattutto il mio solo.
Eccomi sul palco con il mio maestro



Tra il pubblico c'e' anche Mami Rasta, che onore!!!


Ecco la crew nei loro coloratissimi costumi. Mi mancheranno..


Con la maggior parte ci diamo l'addio li al lodge. Salgono sul pulman scassato che li portera' direttamente all'aeroporto.
Io invece torno ad Accra in taxi con altre 4 persone che ripartiranno i giorni successivi.
Io ho un'altra notte per potermi godere la vita notturna e di strada di Accra.
Ovviamente contatto Moses, che mi viene a prendere con il suo motorino e mi carica le valige sopra.
Anche lui mi manchera'.





L'ultima sera in Accra, ultima serata a ballare azonto, ultima cena a base di banku e ultimo giro in motorino.
Il giorno dopo maratona di shopping al mercato degli artigiani dove vado a dare l'addio a Moses in piena attivita' al suo negozio.
Sta preparando tutti le percussioni, le pelli e altre cose da importare in Australia nel container.



E' un momento frenetico dell'anno per lui, il solo dove davvero lavora e si fa il guadagno per tutto l'anno.



E questo e' il bellissimo djembe' che prendo da lui ad un prezzo stracciatissimo, praticamente un regalo. Non so ancora come faro' a caricare tutto sul volo e ho paura di sforare i kg consentiti di bagaglio.



Alla fine imbarco 29.9 kg, dei 30 consentiti, di cui 8 sono di djembe', altri di sandali e scarpe comprate al mercato, piu' tutte le stoffe e i gioielli. Lascio il mio portatile, un telefonino e kg di colori, pastelli, pennarelli donati ai bambini di Jamestown.

Dopo aver visto che la gente davvero non ha niente, ti viene voglia di dargli tutto quello che hai, ma soprattutto di tornare.



Ebbene si, ci ho lasciato un pezzo di cuore, ai bambini, al mio maestro di danza, a Moses, a Ila, a Faty, ai Burkina Azza...sara' dura non essere tentata a comprare un biglietto per tornare li alle prossime vacanze di Natale.

Eccomi al ritorno a Sydney dopo aver sciolto le treccine di un mese!!!!


La cosa inaspettata e' stato lo shock del ritorno. La mia vita, che adoravo prima di partire, mi sembra vuota, silenziosa, senza musica, senza gente intorno, casa mia mi sembra troppo pulita, troppo in ordine, troppo fredda e anche la citta' e' fredda, ci sono solo 25 gradi!!!
Altra cosa inaspettata, dopo un mese di dieta Afro, mi cucino la pasta e il mio intestino non la tollera. Passo 10 giorni con diarrea da intolleranza al cibo e 7 giorni per riprendermi dal jetlag
Che disastro!!!